Traduzione fatta da Dottoressa Francesca Michelucci
fmichelucci22@gmail.com, Pisa
Primo editoriale tradotto in italiano https://wp.me/pbW3AH-1FM
Il processo infiammatorio cronico che danneggia il cervello dei bambini autistici presenta un’innegabile componente autoimmune. Tra le varie conseguenze, può essere inibito il trasporto della vitamina B9 ( folato ) attraverso il sistema nervoso , portando a profonde implicazioni terapeutiche che, sebbene documentate, sono state in gran parte ignorate. Secondo editoriale su questo sito riguardante le cause dell’autismo.
Basata sulla logica, illuminata da pubblicazioni scientifiche accumulate nel corso dei decenni, questa serie di editoriali si propone di offrire al lettore un percorso per identificare l’eziologia (causa) dell’autismo — una condizione il cui costo annuale, incluse le spese dirette e indirette, potrebbe superare i 460 miliardi di dollari negli Stati Uniti entro il 2025 ( https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26183723/)
Il precedente editoriale ha messo assieme dati clinici e scientifici che identificano la natura infiammatoria del processo patologico che causa il comportamento autistico. È dunque esclusa senza dubbio (attraverso un semplice test di laboratorio, come la misurazione dei livelli circolanti dell’enzima Neuronal Specific Enolase – NSE) l’ipotesi che i bambini autistici siano solo individui “neuroatipici”. Questo termine li considera erroneamente come “diversi” e non come portatori di deficit di natura organica (portatori di una malattia fisica). A tal proposito, vale la pena ricordare che fino al 60% delle persone autistiche ha un deficit cognitivo (https://www.cdc.gov/mmwr/volumes/72/ss/ss7202a1.htm
Il rilascio di NSE in circolazione da parte delle cellule neuronali danneggiate è sufficiente a definire l’autismo come una malattia neurologica (con caratteristiche patologiche coerenti con un’encefalite cronica). La negazione persistente di questo fatto ostacola solo lo sviluppo e l’applicazione tempestiva di un trattamento precoce ed efficace — un diritto dei bambini colpiti e dei loro genitori. Riconoscendo l’autismo come un disturbo neurologico, identificare la causa fondamentale consente di attuare strategie preventive e di fermare l’attuale epidemia di autismo, cosa che è nell’interesse della società (inclusa la comunità medica). Come verrà illustrato nel prossimo editoriale, l’epidemia di autismo non può più essere considerata semplicemente apparente o frutto di una “migliore diagnostica e consapevolezza” (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6242891/),cosa che ha portato a coniare l’espressione “Disturbi dello Spettro Autistico” (ASD) invece di “autismo”. Di fatto, come si può credere che un semplice disturbo comportamentale preesistente, la cui prevalenza non sarebbe in aumento a livello mondiale (ma solo meglio “percepito” o “rilevato”), possa giustificare un costo annuale superiore a 460 miliardi di dollari entro il 2025 solo negli Stati Uniti (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26183723/)?
Un processo infiammatorio che colpisce il cervello (encefalite) può, ad esempio, essere causato da infezioni virali o batteriche o persino dall’aggressione del sistema immunitario (encefalite autoimmune). Inoltre, esiste un fatto fondamentale riguardo all’autismo (che verrà trattato nei successivi editoriali su questo sito): l’encefalite cronica che caratterizza questa condizione può essere causata dalla presenza di alluminio nel tessuto nervoso (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC10180736/ innescando un processo autoimmune diretto contro le proteine neurali (antigeni).
Questo secondo editoriale si concentra sull’aggressione autoimmune cronica presente negli individui con autismo (encefalite cronica). La valanga di dati scientifici che dimostrano la presenza di un processo autoimmune in questa condizione contrasta con l’idea che l’autismo sia un semplice disturbo comportamentale (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5373490/). Come vedremo nei successivi editoriali, in linea con il noto “Principio di Parsimonia” che ha ispirato la statistica moderna, è necessario identificare il fattore scatenante primario di questa aggressione autoimmune, attorno al quale gravitano diversi fattori secondari che contribuiscono alla sua progressione e mantenimento. Questo principio viene utilizzato, ad esempio, nella pratica medica quotidiana per stabilire una diagnosi unica (quella più probabile), in opposizione all’improbabilità di molteplici diagnosi coesistenti in un singolo paziente. Quando si cerca di identificare la diagnosi di una malattia, cioè la causa unica di una serie di manifestazioni cliniche e di laboratorio, è essenziale perseguire la spiegazione più semplice (idealmente l’unica) per tutte le manifestazioni.
Così come è improbabile che un paziente presenti due malattie che iniziano contemporaneamente senza alcuna relazione fisiopatologica tra loro, è anche improbabile che i pezzi del puzzle fisiopatologico dell’autismo non si incastrino perfettamente attorno a un fattore causale predominante.
Allo stesso modo, tutte le scoperte riportate sull’autismo, incluse le sue condizioni di encefalite cronica, le caratteristiche autoimmuni, i fattori genetici predisponenti e, soprattutto, la crescita esponenziale della sua incidenza e prevalenza negli ultimi 40-50 anni, devono essere raggruppate e organizzate attorno a una causa primaria, simile al processo di assemblaggio dei pezzi di un puzzle. Si ribadisce qui che, senza identificare questa causa primaria, non è possibile interrompere il processo patologico (infiammatorio, autoimmune, neurodegenerativo) che caratterizza l’autismo né implementarne la prevenzione.
L’affermazione che “l’autismo ha cause multiple che si manifestano in varie combinazioni” o che sia “un disturbo biologico altamente complesso ed eterogeneo” (https://www.biologicalpsychiatryjournal.com/article/S0006-3223(16)32739-1/ contraddice il Principio di Parsimonia (o “Rasoio di Occam”). Tali affermazioni servono solo a eludere la ricerca della causa primaria di questa tragedia umanitaria, sociale ed economica, mentre la sua prevalenza continua a crescere rapidamente senza misure preventive per contrastarla. Al contrario, in questa serie di editoriali, cerchiamo di equiparare la diversità delle scoperte fisiopatologiche relative all’autismo con le varie manifestazioni cliniche e di laboratorio riscontrate in un paziente per identificare una singola causa primaria — un’unica diagnosi in contrapposizione a diagnosi multiple.
D’altra parte, l’affermazione che “una persona con autismo nasce con l’autismo” (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5501015/) ignora il fatto ormai indiscusso che molti bambini sviluppano le prime manifestazioni dell’autismo dopo il primo anno di vita, seguendo un normale sviluppo psicomotorio iniziale (“autismo regressivo” – che per lungo tempo è stato negato in modo speculativo) (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4949854/.
L’autismo regressivo esiste e, come definito nel 2021 (https://goldencaretherapy.com/regressive-autism):
“L’Autismo Regressivo , anche conosciuto come autismo a esordio tardivo, comporta un periodo di sviluppo tipico seguito da una perdita di abilità acquisite in precedenza o da un evidente declino nelle capacità sociali e comunicative. Questa regressione solitamente si manifesta tra i 15 e i 30 mesi d’età e può verificarsi in modo improvviso o graduale.”
L’ esempio seguente è tratto da un testo di qualche anno fa (2017). L’autore tentava di confutare l’esistenza di casi di autismo regressivo (https://www.thetransmitter.org/spectrum/rethinking-regression-autism/):
“… un bambino di 2 anni loquace e curioso si ritrae improvvisamente. Diventa indifferente al suono del proprio nome. Comincia a parlare meno o smette del tutto. Passa dal giocare con le persone a giocare con gli oggetti, dall’esplorare molte attività e oggetti all’ossessionarsi con pochi. Perde molte delle abilità che aveva acquisito e inizia a dondolare, girare, camminare in punta di piedi o agitare le mani. Spesso è a questo punto che i genitori, spaventati, cercano risposte dagli esperti.”
…e i genitori generalmente non trovano risposte certe e logiche dal punto di vista scientifico, ma solo speculazioni. Ciò avviene a causa della mancanza di una presentazione integrata e razionale delle caratteristiche fisiopatologiche già documentate in diversi studi. Colmare questo divario è esattamente l’obiettivo che ha ispirato questa serie di editoriali, la quale si propone anche di spiegare l’esistenza dell’autismo regressivo.
Contrariamente ai tentativi di negarne l’esistenza, la realtà dell’autismo regressivo è stata riconosciuta da molti anni nelle pubblicazioni scientifiche, dove gli autori lo definiscono “intrigante” (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4949854/), riconoscendo di non saperlo spiegare:
“La comparsa della regressione dello sviluppo nel disturbo dello spettro autistico (ASD) è uno dei fenomeni più sconcertanti di questo disturbo.”
“Ad oggi, le cause della regressione nell’autismo sono sconosciute.”
In questo editoriale, esaminiamo l’impatto diretto di questa aggressione autoimmune sull’accesso di un nutriente essenziale per il sistema nervoso centrale (SNC): la vitamina B9 (o “folato”: metilfolato e acido folinico, quest’ultimo noto anche come leucovorina). Specifici polimorfismi genetici (geni con una struttura diversa dalla conformazione standard) rendono una significativa percentuale della popolazione infantile particolarmente suscettibile a una riduzione dell’apporto di folati al SNC.
L’aggressione autoimmune verso il cervello nei bambini autistici è confermata da numerose pubblicazioni, a partire dagli anni ‘80 e successivamente revisionate da vari autori (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1750946720300581
; https://psychiatryonline.org/doi/10.1176/appi.focus.24022004
; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8955336/
; https://www.nature.com/articles/npp2016158
; https://psychiatryonline.org/doi/10.1176/appi.focus.24022004
; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6242891/
; https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/15223250/
Le evidenze che suggeriscono che l’encefalite cronica negli individui autistici coinvolge un attacco autoimmune al tessuto cerebrale possono essere organizzate come segue:
1) Generazione di autoanticorpi diretti verso antigeni neurali
2) Generazione di autoanticorpi non specificamente diretti verso antigeni neurali
3) Correlazione tra i livelli di autoanticorpi circolanti e la gravità dell’autismo
4) Presenza di linfociti infiltranti nel cervello degli individui con autismo
5) Risposta immunitaria Th17 (indotta dai linfociti helper che producono interleuchina 17, tipica delle condizioni autoimmuni) osservata negli individui autistici
6) Mitigazione dei sintomi autistici tramite terapia con corticosteroidi o immunoglobuline
7) Presenza di disturbi autoimmuni o mediati dal sistema immunitario come comorbidità nell’autismo
8) Prevalenza elevata di malattie autoimmuni tra i parenti consanguinei (una storia familiare di disturbi autoimmuni aumenta il rischio di autismo)
9) Benefici della somministrazione di colecalciferolo simili a quelli delle malattie autoimmuni
10) Evidenze di resistenza genetica agli effetti immunoregolatori del colecalciferolo (o “vitamina” D, che inibisce l’attività dei Th17) nell’autismo
Di seguito presentiamo le pubblicazioni inerenti ciascun gruppo:
1. Generazione di autoanticorpi diretti verso antigeni neurali.
Il sistema immunitario degli individui autistici genera una vasta gamma di autoanticorpi diretti contro antigeni neurali (https://www.frontiersin.org/journals/cellular-neuroscience/articles/10.3389/fncel.2018.00405/full#B90 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6952169/), con una reattività rivolta a varie regioni del sistema nervoso centrale (SNC) e a diversi tipi di neuroni. Insieme agli altri dati pubblicati, la produzione di autoanticorpi non può essere considerata semplicemente un epifenomeno del processo che causa l’autismo; piuttosto, dovrebbe essere considerata un fattore cardinale del processo infiammatorio dannoso per il SNC. Un epifenomeno è un fenomeno associato a un processo lesionale senza una relazione causale diretta.
Secondo il Principio di Parsimonia, la causa primaria dell’autismo deve spiegare sia il vasto repertorio di autoanticorpi prodotti sia la varietà delle regioni neurali e delle cellule interessate. Come menzionato nell’introduzione di questo editoriale, la causa principale attorno a cui gravitano i fattori aggravanti verrà identificata in un editoriale futuro, applicando i criteri di causalità stabiliti da Austin Bradford Hill nel 1965 e ampiamente riconosciuti da allora.
Singh et al. identificarono per la prima volta la presenza di autoanticorpi diretti contro le proteine del SNC negli individui autistici nel 1988. Trovarono anticorpi contro la proteina del filamento assonale neuronale (NAFP) nel sangue di 10 su 15 bambini con autismo (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/3144935/). Gli anticorpi anti-proteina basica della mielina (MBP) furono identificati nei soggetti con ASD nel 1993 (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/7682457/) — una scoperta replicata nel 1998 (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/9756729/) e di nuovo nel 2006 (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/16181614/). La presenza di anticorpi anti-NAFP fu confermata anche nel 1998 (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/9756729/). Nel 2013, livelli significativamente elevati di anticorpi anti-MBP furono confermati rispetto ai controlli sani (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23726766/). Lo stesso studio dimostrò livelli elevati di anticorpi anti-glicoproteina associata alla mielina (anti-MAG) rispetto ai controlli sani. Inoltre, lo studio collegò questi autoanticorpi alla gravità dell’autismo:
“I pazienti con autismo grave avevano livelli sierici significativamente più elevati di autoanticorpi anti-MBP e anti-MAG rispetto ai bambini con autismo da lieve a moderato, P = 0,047 e P < 0,001, rispettivamente (Tabelle 1 e 2).”
Altri studi hanno dimostrato un significativo aumento dell’incidenza di anti-NAFP e anti proteina fibrillare acida (GFAP) in individui autistici ma non con individui con ritardo mentale (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0887899497000453).
Studi più recenti hanno trovato anticorpi diretti contro regioni della corteccia prefrontale, lobo caudato, putamen, cervelletto, giro congolato (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/16842863/) e ipotalamo (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/17804536/) nei bambini con ASD. Gli autori di questo ultimo studio concludono:
“mentre il ruolo potenziale di questi autoanticorpi è attualmente sconosciuto la loro presenza suggerisce una perdita della auto-tolleranza verso uno o più antigeni neuronali durante la prima infanzia”
Similmente, in un altro studio pubblicato nel 2009 (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/18706993/), i ricercatori hanno trovato che il 21% dei campioni di plasma dei bambini con ASD erano altamente immunoerattivi nei confronti neuroni del Golgi dei primati. Questi interneuroni inibitori sono localizzati nello strato granulare del cervelletto e usano il neurotrasmettitore GABA (acido alfa amino butirrico)per modulare le sinapsi eccitatorie , creando un equilibrio tra eccitazione e inibizione. Di contro, questa immunoerattività non è stata osservata nei casi-controllo di età corrispondenti. Uno studio successivo ha scoperto che questa auto-reattività è rivolta oltre che ad altri interneuroni GABAergici distribuiti in tutta la neocorteccia e in molte regioni sottocorticali, inclusi gli strati superficiali della corteccia (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/21521495/). Altri autori hanno scoperto che l’immunoreattività diretta contro i neuroni del Golgi e altri interneuroni correlano con la severità delle manifestazioni comportamentali ed emotive dei bambini autistici (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3313674/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/21420487/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3039058/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4111628/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22226851).
In linea coi risultati di questi studi, le alterazioni nella struttura del cervelletto e nella composizione della popolazione neuronale del cervelletto sono tra le anormalità più frequenti. (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/11468308/).
Contrariamente a ciò che si pensava in precdenza, le cellule del sistema immunitario si trovaro normalmente nel SNC anche in assenza di infiammazione, per espletare la sorveglianza immunologica. La presentazione locale dell’antigene per produrre anticorpi e produrre cloni linfocitari avviene anche nel sistema nervoso non infiammato (https://www.nature.com/articles/nn.3161). Nella neuro infiammazione le barriere che separano il sistema nervoso dalla circolazione sanguigna vengono distrutte e ciò fa aumentare il passaggio di cellule e macromolecole attraverso questi compartimenti (https://www.mdpi.com/1422-0067/24/16/12699). La penetrazione di autoanticorpi diretti contro i neuroni GABAergici può perciò ridurre il numero e l’attività di questi neuroni inibitori. Questo può contribuire allo squilibrio tra eccitazione e inibizione – uno squilibrio suggerito da lungo tempo come determinante dei disturbi sensoriali, di memoria, sociali ed emozionali presenti nell’autismo (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6748642/). Sappiamo da molto tempo che le cellule gliali (che fanno da scudo, supporto e nutrimento ai neuroni) si possono moltiplicare (attraverso un processo chiamato mitosi). Diversamente da quanto creduto in passato, è stata dimostrata la generazione di nuovi neuroni nel SNC di esseri umani adulti per oltre un quarto di secolo, sebbene non attraverso la mitosi. I neuroni appena formatisi provengono dalla moltiplicazione di cellule localizzate intorno alle cavità e canali attraverso sui circola il liquido cerebrospinale – lo strato “subependimale”. Il termine “ependima” è usato per indicare lo strato di cellule che ricopre la cavità interna del cervello (ventricoli) mentre la regione “subependimale” descrive l’area adiacente ai ventricoli. Le cellule in questa regione possono essere classificate in 2 tipi: cellule neurali staminali e cellule neurali progenitrici, le ultime delle quali sono derivate dalle cellule neurali staminali. Quando esse si moltiplicano entrambe portano alla formazione di neuroni (neuro genesi) e di due tipi di cellule gliali: astrociti e oligodendrociti, che costituiscono la “microglia”. Essi partecipano alla formazione e alla maturazione del sistema neurale, non solo nello sviluppo embrionale e fetale ma anche dopo la nascita e lo sviluppo di nuovi neuroni continua anche nell’individuo anziano. Questi neuroni appena formatisi (neuroblasti) sono capaci di migrare dalle regioni subependimali verso varie regioni del SNC, supportando la popolazione neuronale e la loro funzione in queste regioni (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6782600/
https://www.jneurosci.org/content/22/3/612.short
https://www.nature.com/articles/nm1198_1313
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2214854X20300133).
La neuro genesi è probabilemte coinvolta nei processi di acquisizione di capacità nell’infanzia come l’eloquio (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3844860/). D’altra parte il normale sviluppo cerebrale nel periodo postnatale richiede l’eliminazione di connessioni (sinapsi) in eccesso tra neuroni attraverso un processo chiamato “potatura sinaptica”(https://www.science.org/doi/abs/10.1126/science.1202529), processo che è inibito nel cervello di individui autistici (https://www.nature.com/articles/mp2016103).
E’ stato identificato un elevato livello di autoanticorpi generati contro cellule progenitrici neuronali nei soggetti autistici (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23838310/). D’altra parte il siero di pazienti autistici sopprime la differenzaiazione e la maturazione delle cellule progenitrici neuronali in coltura, dimostrando che un evento autoimmune può essere uno dei meccanismi nella compromissione del neuro sviluppo in questa condizione, che coinvolge la neuro genesi https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/195263020/;
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/19526302/; https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23838310/
Inoltre, l’eccessiva attivazione della microglia come parte del meccanismo coinvolto nell’infiammazione cerebrale nell’autismo (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0022395620308785), può aterare il processo di potatura neuronale da parte di queste cellule. Ciò può portare a un eccesso di sinapsi eccitatorie a scapito delle sinapsi inibitorie (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0168010215001625, che contribuisce, anche attraverso questo meccanismo, a una ipereccitazione potenzialmente sottostante all’iperattività riscontrata negli individui autistici.
Contribuisce a questo squilibrio la produzione, nel cervello autistico, di autoanticorpi diretti contro i recettori della serotonina (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/2578670/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/1375597/). La Serotonina è un neurotrasmettitore di fondametale importanza per il comportamento emozionale e uno squilibrio dell’attività serotoninergica può alterare l’attenzione e le reazioni emotive a stimoli esterni (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S1569733910700904), come si vede nel comportamento autistico (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0890856713003080). Gli anticorpi diretti contro i recettori della serotonina nei bambini autistici raggiungono il livello di 600 e 980 fmol/ml di siero in 2 campioni raccolti in mesi diversi. Questi livelli sono molto più alti degli anticorpi diretti contro i recettori nicotinici dell’acetilcolina che vengono trovati in una malattia classicamente definita autoimmune (miastenia gravis) nella quale gli autoanticopri nel siero raggiungono al massino 45 fmol/ml, causando una riduzione della forza muscolare (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/2578670/).
2. Generazione di autoanticorpi non specificamente diretti verso antigeni neurali
Gli anticorpi antinucleo (ANA) sono composti da autoanticorpi diretti contro strutture (antigeni) situate nel nucleo e nel citoplasma delle cellule, come proteine, acidi nucleici (DNA, RNA) e complessi proteina-acido nucleico. Da decenni, la loro presenza nella circolazione è considerata fondamentale per la diagnosi delle malattie autoimmuni (https://ard.bmj.com/content/73/1/17.short; https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S2173574310700496). La produzione di ANA da parte delle cellule del sistema immunitario di un individuo (anche nei bambini) indica che una malattia autoimmune può essere presente o in via di sviluppo, come nel caso del lupus eritematoso sistemico (LES), della sclerodermia (localizzata o sistemica), della malattia del tessuto connettivo misto (con caratteristiche miste di LES e polimiosite), dell’artrite reumatoide, dell’artrite reumatoide giovanile, della sindrome di Sjögren, della polimiosite e della dermatomiosite (https://my.clevelandclinic.org/health/diagnostics/14897-antinuclear-antibody-test-in-children
Come ci si aspetterebbe nel caso della partecipazione di meccanismi autoimmuni nell’autismo, un risultato positivo al test ANA è stato riscontrato nei bambini autistici, associato alla gravità delle manifestazioni autistiche e alla presenza di alterazioni elettroencefalografiche (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/19135624/).
Gli anticorpi antifosfolipidi sono autoanticorpi che prendono di mira proteine legate ai fosfolipidi (strutture lipidiche fondamentali delle membrane cellulari) (https://pt.khanacademy.org/science/ap-biology/cell-structure-and-function/plasma-membranes/a/structure-of-the-plasmamembrane#:~:text=v%C3%AAm%20dos%20carboidratos.,Fosfolip%C3%ADdios,t%C3%AAm%20regi%C3%B5es%20hidrof%C3%ADlicas%20e%20hidrof%C3%B3bicas).
La presenza di questi anticorpi porta alla sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS—una malattia autoimmune multisistemica—disease— https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36849186/). Il risultato è un aumento del rischio di eventi trombotici, morbilità gravidica e molte altre complicazioni autoimmuni e infiammatorie(https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36849186/). Sebbene inizialmente sia stata descritta nel contesto del lupus (LES), l’APS è presente anche separatamente dal LES con frequenza simile(https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36849186/). Oltre al LES, altre malattie come la trombocitopenia, l’anemia emolitica, le patologie delle valvole cardiache, l’ipertensione polmonare, la nefropatia microangiopatica, le ulcere cutanee, la livedo reticularis, l’emicrania refrattaria, la disfunzione cognitiva e l’aterosclerosi sono associate all’APS (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK459442/). A supporto dell’intervento dei meccanismi autoimmuni nell’autismo, sono stati riscontrati livelli elevati di autoanticorpi antifosfolipidi (anti-cardiolipina, anti-β2-glicoproteina acida e anti-fosfoserina) negli individui autistici, correlati alla gravità delle alterazioni comportamentali (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3794552/).
Gli autoanticorpi anti-cellule endoteliali sono un gruppo eterogeneo di anticorpi diretti contro le cellule che rivestono i vasi sanguigni. Fin dalla loro scoperta negli anni ’70, questi autoanticorpi sono stati identificati in diverse condizioni caratterizzate da infiammazione vascolare, come il lupus eritematoso sistemico (LES), la sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS), la vasculite sistemica, l’artrite reumatoide, la sclerodermia sistemica e il rigetto da trapianto di organi (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S1568997216302798). Analogamente a quanto avviene con gli ANA e gli anticorpi antifosfolipidi, la presenza di livelli più elevati di anticorpi anti-cellule endoteliali in circolo ha una correlazione diretta con la gravità delle alterazioni comportamentali nelle persone con autismo (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1726490115000969?via%3Dihub).
La rilevazione di autoanticorpi antimitocondriali (AMA) viene utilizzata per diagnosticare una malattia autoimmune chiamata colangite biliare primitiva. Tuttavia, gli AMA possono manifestarsi anche in altre malattie autoimmuni, come la sindrome di Sjögren, la sclerosi sistemica (o sclerodermia), la polimiosite/dermatomiosite, l’artrite idiopatica giovanile, il lupus eritematoso sistemico (LES) e l’epatite autoimmune (https://link.springer.com/article/10.1007/s12016-021-08904-y;
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2589909022000065
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0889857X05702970.
Gli anticorpi anti-DNA a doppio filamento sono considerati marker altamente specifici del LES (https://www.nature.com/articles/s41584-020-0480-7 e dell’epatite lupica autoimmune (https://www.nature.com/articles/s41584-021-00573-7). La presenza di AMA (https://jneuroinflammation.biomedcentral.com/articles/10.1186/1742-2094-7-80
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24837704/), anticorpi anti-DNA a doppio filamento e ANA (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24837704/) e anticorpi anti-nucleosoma (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24708718/) è stata documentata nel siero di individui autistici. Gli anticorpi anti-nucleosoma sono particolarmente rilevanti per il LES, poiché sono considerati altamente sensibili e specifici per la diagnosi di questa malattia (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/20374326/). Questo indica che l’autoimmunità riscontrata nell’autismo, parte del processo infiammatorio descritto nel primo editoriale della serie, potrebbe non essere limitata al cervello o al SNC, ma manifestarsi come una condizione in cui il sistema immunitario attacca anche altri organi o sistemi.
Di nuovo, seguendo il Principio di Parsimonia, in accordo col quale la più semplice ed esauriente spiegazione deve essere considerata la più probabile per qualsiasi fenomeno (incluse le malattie) la ricerca della causa primaria determinante l’autismo deve necessariamente essere identificato come causale un fattore che può spiegare non solo l’aggressione verso il SNC ma anche l’aggressione autoimmune diretta verso altri organi e sistemi.
3. Correlazione tra i livelli di autoanticorpi circolanti e la gravità dell’autismo
I livelli di autoanticorpi sono stati identificati come indicatori dell’attività e della gravità delle malattie autoimmuni (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC209428/)
A conferma della partecipazione del fenomeno autoimmune nella fisiopatologia dell’autismo, questa correlazione (relazione diretta) è stata documentata nei bambini autistici
(https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1726490115000969?via%3Dihub
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3794552/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3039058/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3104945/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22226851 ; https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/19135624/).
4. Presenza di linfociti infiltranti nel cervello degli individui con autismo
L’accumulo di linfociti è presente nei tessuti e negli organi colpiti da malattie autoimmuni. In associazione con l’infiammazione e la produzione di autoanticorpi, questo riscontro (osservato in biopsie o autopsie al microscopio) è considerato il marchio di fabbrica delle malattie autoimmuni (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2832720/
https://pathology.jhu.edu/autoimmune/damage).
In modo analogo, infiltrati linfocitari sono stati dimostrati nei cervelli di individui con autismo (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7210715/).
Insieme alle prove di un processo infiammatorio cerebrale attivo (encefalite cronica, come descritto nel primo editoriale della serie) e al repertorio di anticorpi prodotti contro il tessuto cerebrale elencati, la presenza di linfociti autoreattivi infiltranti il tessuto nervoso negli individui autistici completa la caratterizzazione della triade considerata tradizionalmente come indicativa dell’aggressione autoimmune coinvolta nel meccanismo fisiopatologico dell’autismo.
D’allatro lato, la scoperta di vasi linfatici attivi che collegano il SNC al sistema linfatico (https://www.nature.com/articles/npp2016158
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26077718/) indica un possibile canale di comunicazione attraverso cui l’aggressione autoimmune può manifestarsi nel cervello autistico e in molte altre malattie autoimmuni neurologiche.
5. Risposta immunitaria Th17 (indotta dai linfociti T helper produttori di interleuchina 17, tipica nelle condizioni autoimmuni) https://link.springer.com/article/10.1007/s00281-019-00733-8) è stata osservata in individui autistici (https://link.springer.com/article/10.1186/s13229-021-00472-4).
La risposta immunitaria Th17 è stata osservata negli individui autistici. Questo tipo di risposta immunitaria è caratteristico delle condizioni autoimmuni ed è indotta dai linfociti T helper che producono interleuchina 17 (https://link.springer.com/article/10.1007/s00281-019-00733-8). Nei soggetti con autismo, sono stati rilevati aumenti di questa risposta Th17, che contribuisce all’infiammazione e può favorire l’aggressione autoimmune (https://link.springer.com/article/10.1186/s13229-021-00472-4).
6. Mitigazione dei sintomi autistici tramite terapia corticosteroidea o immunoglobulinica
Una delle caratteristiche più classiche delle malattie autoimmuni è la forte risposta al trattamento con farmaci immunosoppressori e antinfiammatori come i glucocorticoidi (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/11457656/)
Questa risposta è stata osservata anche nelle malattie autoimmuni che colpiscono il sistema nervoso, (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/11430999/) come la sclerosi multipla(https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23229226/).
Nelle persone con autismo, i tratti principali della condizione hanno dimostrato di rispondere positivamente al trattamento corticosteroideo, suggerendo che sia coinvolto un meccanismo autoimmune nella fisiopatologia dell’autismo https://link.springer.com/article/10.1186/1471-2377-14-70; https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32168067/; https://www.scielo.br/j/jped/a/PBQNCqJ5L4cyqLXF5hyCxQy/?lang=en#,
Allo stesso modo, le malattie autoimmuni possono rispondere alla terapia con immunoglobuline quando altre terapie non risultano efficaci (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/11457656/), come ampiamente documentato (https://ameripharmaspecialty.com/ivig-and-autoimmune-diseases/). Tale effetto è stato osservato anche nei disturbi dello spettro autistico, fornendo ulteriori prove del coinvolgimento dei meccanismi autoimmuni in questa condizione (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30097568/, https://www.mdpi.com/2075-4426/11/6/488)
7. Presenza di disturbi autoimmuni o immuno-mediati come comorbidità nell’autismo
Allergie, asma, dermatite atopica, rinite allergica, orticaria, diabete di tipo 1, malattie infiammatorie intestinali (come il morbo di Crohn) e psoriasi sono condizioni frequentemente associate all’autismo; in altre parole, queste condizioni sono presenti negli individui autistici con una prevalenza più elevata rispetto alla popolazione generale o rispetto agli individui senza autismo (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23726766/;
https://jlb.onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.1189/jlb.1205707;
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC10619695/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22511918/
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S1750946712001018
https://www.scirp.org/journal/paperinformation?paperid=78725;
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/37939694/).
La presenza di dermatite atopica è associata non solo a una maggiore probabilità di sviluppare autismo ma anche a una maggiore gravità della condizione autistica, suggerendo un possibile fattore causale comune per entrambe le condizioni (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC10619695/),
8. Prevalenza elevata di malattie autoimmuni tra i parenti consanguinei (una storia familiare di disturbi autoimmuni aumenta il rischio di autismo)
Evidenze dimostrano che i bambini che hanno familiari con malattie autoimmuni, come artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, celiachia, colite ulcerosa, diabete di tipo 1, ipotiroidismo, tiroidite di Hashimoto, psoriasi e febbre reumatica, presentano una probabilità maggiore di sviluppare autismo
(https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/19135624/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5373490/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25981892/
https://jamanetwork.com/journals/jamapediatrics/article-abstract/485932;
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/14595086/
; https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/10385847/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3115699/;
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/19581261/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/16598435/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9025211/
I bambini i cui genitori hanno malattie autoimmuni hanno un rischio più alto del 50% di sviluppare autismo (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3115699/).
9. Benefici della somministrazione di colecalciferolo (vitamina D) nell’autismo, in modo analogo a quanto avviene nelle malattie autoimmuni
La vitamina D (o colecalciferolo, la cui forma pre-attiva è il calcidiolo o calcifediolo e la forma attiva è il calcitriolo) possiede una struttura simile a quella degli ormoni steroidei (come estrogeno, progesterone, testosterone e cortisolo). Come gli ormoni steroidei, la vitamina D deriva dal colesterolo, ha recettori nel nucleo cellulare e agisce modificando l’attività genetica, modulando così l’attività di migliaia di geni (https://www.mdpi.com/2073-4425/14/9/1691;
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0039128X23000995).
I recettori nucleari della vitamina D sono presenti in quasi tutte le cellule nucleate (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0003986112001324;
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9325172/),e anche nelle membrane cellulari (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/17341182/). La vitamina D, considerata un precursore ormonale, ha effetti pleiotropici (multipli) sull’organismo umano (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4045445/;
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/B9780323913867000064)
Dati i suoi numerosi benefici per la salute e il fatto che viene prodotta tramite esposizione alla luce solare, la carenza di vitamina D ha raggiunto proporzioni epidemiche a causa della vita moderna prevalentemente al chiuso (https://www.grassrootshealth.net/blog/shadow-can-tell-right-time-make-vitamin-d/), (https://link.springer.com/article/10.1186/s12889-017-4436-;https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/B9780323913867000064),
Tale carenza ha conseguenze profonde per lo sviluppo cerebrale sia prenatale sia postnatale che si può estendere a tutta quanta la vita dell’individuo (https://pubs.rsc.org/en/content/articlehtml/2023/fo/d3fo00166k).
Livelli bassi di vitamina D (mascherati da valori di riferimento di laboratorio sottostimati) https://www.grassrootshealth.net/wp-content/uploads/2017/05/dip_with_numbers_nmol_051317.pdf
; https://www.mdpi.com/2072-6643/16/11/1666), “raccomandano” dosi di supplementazione più basse di quelle necessarie (https://www.mdpi.com/2227-9067/1/2/208), e la resistenza genetica alla vitamina D (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33897704/) ha contribuito all’aumento dell’incidenza di un ampia varietà di malattie inclusa la sclerosi multipla, artrite reumatoide, malattie infiammatorie intestinali (morbo di Chron, colte ulcerosa), malattia celiaca, uveiti, malattie dermatologiche , spondilite anchilosante, fibromaliagia, diabete, ipertensione, tubercolosi, COVID-19 e tumori (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6032242/, https://link.springer.com/article/10.1007/s00223-019-00577-2, https://www.pnas.org/doi/abs/10.1073/pnas.1200072109;, https://www.nature.com/articles/s41430-020-0661-0, https://apcz.umk.pl/QS/article/view/54077, https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0039625721001685;
https://www.nature.com/articles/nrcardio.2009.135; https://www.frontiersin.org/journals/immunology/articles/10.3389/fimmu.2023.950465/full; https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/11115787/;https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0009898114003921;https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0304395913005411).
Come Wacker e Holick hanno sottolineato nella loro pubblicazione nel 2012 (https://www.mdpi.com/2072-6643/5/1/111):
“La Vitamina D, la vitamina del sole, ha ricevuto molte attenzioni recentemente come risultato di un’incredibile aumento del numero di pubblicazioni che dimostrano come la Vitamina D giochi un ruolo cruciale nella pletora di funzioni fisiologiche e associando la deficienza di Vitamina D con molte malattie acute e croniche inclusi i disturbi del metabolismo del calcio, malattie autoimmuni, alcuni tipi di cancro, diabete mellito di tipo 2, malattie cardiovascolari e malattie infettive”
I pazienti con malattie autoimmuni trattati in modo sicuro con alte dosi di vitamina D (https://www.mdpi.com/2072-6643/14/8/1575/review_report) possono avere un polimorfismo (SNPs) che può riguardare qualsiasi combinazione dei 9 geni che la vitamina D richiede per produrre i suoi effetti biologici, come la regolazione del sistema immunitario (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33897704/). Evidentemente questi polimorfismi genetici possono causare resistenza agli effetti della Vitamina D compromettendo la tolleranza degli autoantigeni (https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC6712894/).
Il ruolo fondamentale di questo ormone steroideo (nella forma di calcidiolo e calcitriolo) nel regolare e ottimizzare il funzionamento del sistema immunitario https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S1471489210000378 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2861286/; https://www.frontiersin.org/journals/immunology/articles/10.3389/fimmu.2023.1186635/full), così come le funzioni del SNC (https://academic.oup.com/jbmrplus/article/5/1/e10419/7486306?login=false), è rilevante per questa presentazione.
Eyles evidenzia nel suo articolo (https://www.mdpi.com/2072-6643/5/1/111):
“ci sono adesso buone evidenze che collegano la deficienza di vitamina D gestazionale e/o neonatale con un aumentato rischio di malattie dello sviluppo neuro cognitivo come la schizofrenia e l’autismo a la carenza di Vitamina D nell’adulto è causa certa di malattie neorodegenerative”
Similmente ai soui vantaggi nelle malattie autoimmuni (https://www.nature.com/articles/ncprheum0855, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2998156/), la supplementazione di Vitamina D può dare benefici anche nell’autismo . In una recente umbrella review del 2024 – una revisione sistematica di varie reviews e metanalisi su un argomento specifico – Jiang e colleghi (https://www.tandfonline.com/doi/full/10.2147/NDS.S470462#abstract) concludono:
“sulla base di analisi rigorose abbiamo trovato che la deficienza di vitamina D nell’infanzia è un fattore di rischio per lo sviluppo della ASD. Il nostro studio è giunto alla conclusione che la supplementazione di vitamina D è benefica per individui con autismo, che la precoce deficienza vitamina D negli statdi embrionali dello sviluppo aumenta il rischio di ASD; il nostro studio supporta l’idea che la prevenzione inizia con la supplementazione di Vitamina D nelle prime fasi della vita”
10. Evidenze di resistenza genetica agli effetti immunoregolatori del colecalciferolo (o “vitamina D”, che inibisce l’attività Th17) nell’autismo
Come accade nelle malattie autoimmuni in generale, i polimorfismi genetici legati all’attività della vitamina D (https://www.cell.com/heliyon/fulltext/S2405-8440(24)03731-9) possono determinare una resistenza ai suoi effetti biologici, limitandone il ruolo nella regolazione del sistema immunitario (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33897704/). Simili polimorfismi che colpiscono i medesimi geni sono stati osservati anche nell’autismo (https://www.mdpi.com/2076-3425/7/9/115
https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/aur.2279; https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0378111916303614, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6207492/, https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S037837821500119X).
Guerine e collaboratori (https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/aur.2279) hanno osservato una correlazione tra un polimorfismo specifico nel gene del recettore della vitamina D (VDR) e la gravità dell’autismo.
“In particolare, un’associazione tra l’allele FokI (T) e punteggi più elevati nella Childhood Autism Rating Scale, oltre a un aumento del comportamento iperattivo, è emersa nei bambini con ASD “
Questi polimorfismi genetici, capaci di causare resistenza agli effetti della vitamina D, suggeriscono che la somministrazione di dosi più elevate (in grado di compensare il livello di resistenza) potrebbe ripristinare gli effetti immunomodulatori della vitamina D anche nell’autismo, come avviene in altre patologie autoimmuni (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24494059/).
Implicazioni terapeutiche per l’autismo e i meccanismi autoimmunitari
Negli individui autistici, l’autoimmunità danneggia il percorso che permette alla vitamina B9 (o folato) di raggiungere il sistema nervoso centrale (SNC), causando danni alle cellule nervose.
Il folato (o vitamina B9), la cui forma naturale è il metilfolato (o metiltetraidrofolato, la forma attiva) e l’acido folinico (o D,L-leucovorina o 5-formyl tetraidrofolato) è un compresso di vitamina B essenziale per il normale sviluppo e la fisiologia del SNC. Anormalità nei livelli di folato nel SNC (nonostante livelli sierici normali) e nei percorsi correlati (per via di polimorfismi genetici che influenzano gli enzimi coinvolti nel suo metabolismo) sono stati identificati nei bambini con autismo. Questa condizione, nota come sindrome da carenza di folato cerebrale (CFD), si riscontra anche in schizofrenia e altri disturbi neuropsichiatrici (https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC8622150/);
https://www.degruyter.com/document/doi/10.1515/cclm-2012-0543/html).
Il sistema nervoso richiede concentrazioni di folato superiori a quelle presenti nel sangue. Per raggiungere il tessuto nervoso, i folati devono attraversare le barriere che separano il sangue dal sistema nervoso centrale: la barriera ematoencefalica e quella ematoliquorale. Questo trasporto è mediato principalmente da due meccanismi altamente specifici (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32200980/):
- Un meccanismo di trasporto ad alta affinità chiamato “recettore dell’acido folico alfa”, che trasferisce il folato nel tessuto nervoso con dispendio energetico. Questo è il meccanismo principale per il trasferimento di folato al cervello e può pompare folato a livelli tre volte superiori rispetto a quelli nel sangue. Il trasporto avviene tramite un processo chiamato potocitosi, in cui il recettore legato al folato viene internalizzato e poi riciclato nella membrana cellulare.
- Un meccanismo di trasporto passivo, tramite il “carrier del folato ridotto”, che consente ai folati di essere trasferiti nel SNC senza utilizzare energia. Tuttavia, questo sistema secondario può solo eguagliare i livelli di folato nel cervello a quelli presenti nel sangue: in altre patole le concentrazioni di folati nel SNC e nel sangue sono mantenute in equilibrio quando questo sistema di trasporto è l’unico disponibile.
Esiste in realtà un terzo meccanismo di trasporto, definito “accoppiato ai protoni” e funziona come parte del trasporto mediato dal recettore dell’acido folico alfa a livello della barriera ematoliquorale (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/19074442/).
Nei bambini autistici sono stati riscontrati alti livelli di autoanticorpi diretti contro i neuroni, e la concentrazione di questi anticorpi si correla direttamente con la gravità della loro condizione neuropsichiatrica( https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22226851/. ) Diversi studi hanno dimostrato che il 70% dei bambini autistici presenta anticorpi diretti contro il recettore dell’acido folico (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22230883/; https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/20668945/).
A seconda del tipo di anticorpo prodotto, i recettori del folato possono essere bloccati o distrutti. Gli anticorpi bloccanti impediscono l’accesso del folato alla tasca di legame del recettore, mentre gli anticorpi leganti si attaccano ad altri siti sulla struttura proteica del recettore dell’acido folico alfa. Questo processo può richiamare la cascata del complemento, attivare le citochine e infine portare alla distruzione del complesso antigene-anticorpo (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/27068282/). In questa condizione, il cervello diventa quindi dipendente dal sistema secondario di trasporto del folato ridotto, che però non soddisfa le necessità biologiche delle cellule nervose. Questo quadro, caratterizzato da livelli normali di folato nel sangue ma ridotti nel liquido cerebrospinale, è stato definito “Sindrome da carenza di folato cerebrale” (CFD) e si riscontra anche in altre patologie neurologiche e neuropsichiatriche, come la sindrome di Rett, la psicosi, la schizofrenia refrattaria (intrattabile), la depressione maggiore farmaco-resistente nell’adulto, la sindrome spastico-atassica e l’epilessia intrattabile dell’infanzia. (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/27068282/).
La CFD compromette le vie metaboliche essenziali per la sintesi degli acidi nucleici (e quindi l’attività di neurogenesi, ovvero la formazione di nuovi neuroni a partire dalle cellule staminali presenti nel sistema nervoso centrale) (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2405844021021745).
Inoltre, influenza i processi di metilazione, cruciali per la regolazione dell’espressione genica, e ostacola i meccanismi di difesa contro i danni dei radicali liberi, i quali devono essere continuamente rimossi per evitare danni alle cellule nervose (https://doi.org/10.1016/j.spen.2020.100835).
Una conseguenza importante della sindrome da carenza di folato cerebrale (CFD) è la ridotta sintesi di glutatione Il Glutatione è un potente antiossidante endogeno che svolge un ruolo cruciale nella protezione delle cellule contro le tossine sia esogene (come i metalli pesanti) sia endogene, specialmente nel sistema nervoso centrale (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22528835/).
Le alterazioni nel metabolismo del glutatione ridotto (GSH) portano a danni ossidativi al DNA cellulare, alle proteine e ai lipidi. Anomalie nel GSH e marcatori di danno ossidativo sono stati documentati post mortem in aree cerebrali coinvolte nel linguaggio, nelle emozioni e nel comportamento sociale degli individui autistici (https://doi.org/10.1016/j.spen.2020.100835).
In effetti, le anomalie nei processi di metilazione e redox sono così diffuse nell’autismo che è stato proposto l’uso dei loro biomarcatori per la diagnosi dei disturbi dello spettro autistico (ASD) (https://doi.org/10.1016/j.spen.2020.100835).
Inoltre, il recettore dell’acido folico alfa svolge funzioni indipendenti dal suo ruolo di trasportatore di folato; partecipa anche al mantenimento del repertorio di cellule staminali da cui devono costantemente originarsi nuovi neuroni (neurogenesi), sia nella vita prenatale sia per tutta la durata della vita dell’individuo (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5268765/).
La sua distruzione, causata dagli anticorpi presenti in livelli elevati nei bambini autistici, compromette quindi anche la capacità di recupero del tessuto nervoso danneggiato dal processo infiammatorio che caratterizza questa condizione
La sindrome da carenza di folato cerebrale identificata nell’autismo può essere trattata con alte dosi di acido folinico per via orale (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7477301/)
Tuttavia, la supplementazione di acido folico è controindicata e, se usata, può aggravare la carenza di metilfolato nel liquido cerebrospinale (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24494987/; https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/20668945/).
Livelli sierici elevati di folato consentono il trasferimento di questa vitamina attraverso la barriera ematoencefalica mediante il “trasportatore del folato ridotto”, restituendo così al sistema nervoso centrale le sue concentrazioni fisiologiche. Valori ematici levati (soprafisiologici) possono così riuscire a ristabilire le elevate concentrazioni di folati tipiche (fisiologiche) del SNC
Nel 2013, Frye e collaboratori scoprirono che anticorpi diretti contro il recettore dell’acido folico alfa erano presenti nel 75% dei bambini con autismo, considerando sia gli anticorpi bloccanti che quelli leganti, con il 29% dei bambini positivo a entrambi i tipi di anticorpi (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22230883/).
La somministrazione di acido folinico (leucovorina) alla dose di 2 mg per kg di peso corporeo al giorno (fino a una dose massima di 50 mg al giorno) ha prodotto miglioramenti nella comunicazione, nel linguaggio, nell’attenzione e nei comportamenti stereotipati nei bambini trattati rispetto ai controlli con ASD a cui non erano stati somministrati supplementi (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22230883/).
Questa strategia terapeutica è stata riesaminata nel 2020 (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7477301/), e gli autori hanno consigliato di aumentare gradualmente la dose nelle prime due settimane per evitare un eventuale aumento transitorio dell’agitazione, occasionalmente segnalato dai genitori. Tuttavia, gli stessi autori non hanno osservato tale effetto collaterale; al contrario, hanno riscontrato un miglioramento nell’eccitabilità e nell’agitazione dopo circa nove settimane di trattamento. Questi risultati indicano che, tra gli individui autistici che producono anticorpi contro il recettore dell’acido folico alfa, alcune manifestazioni autistiche possono derivare, o essere aggravate, dalla sindrome da carenza di folato cerebrale, che può essere corretta somministrando alte dosi di acido folinico.
La presenza di polimorfismi che influenzano il gene per un enzima chiave nel metabolismo del folato, la metilentetraidrofolato reduttasi (MTHFR), si osserva in una percentuale significativa della popolazione (https://www.racgp.org.au/afp/2016/april/mthfr-genetic-testing-controversy-and-clinical-imp).
La presenza della variante C677T del gene MTHFR, in particolare, costituisce un fattore di rischio per l’autismo (https://journals.lww.com/psychgenetics/abstract/2009/08000/aberrations_in_folate_metabolic_pathway_and.2.aspx) e può interagire con polimorfismi che influenzano altri geni correlati al metabolismo del folato (come il polimorfismo della delezione di 19 basi dell’enzima diidrofolato reduttasi – DHFR – e il SNP G80A che influenza il gene del trasportatore del folato ridotto) e andare ad aumentare il rischio di autismo (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/17597297/). Evidentemente, questi polimorfismi possono aggravare la sindrome da carenza di folato cerebrale, in particolare quando si presentano in associazione. L’identificazione di un polimorfismo che interessa il gene DHFR come ulteriore fattore di rischio per l’autismo (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/17597297/) sottolinea l’importanza di evitare la supplementazione con acido folico nei bambini autistici, poiché il metabolismo (riduzione) di questo folato sintetico richiede l’attività del DHFR.
L’enzima MTHFR richiede la vitamina B2 (riboflavina) come cofattore (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK6145/).
A sua volta, una carenza di riboflavina può derivare da fattori genetici comuni nella popolazione generale (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1918332/), rappresentando potenzialmente un ulteriore elemento che contribuisce alla suscettibilità all’autismo. Di conseguenza, la somministrazione di dosi sovrafisiologiche di riboflavina potrebbe rivelarsi benefica.
In conclusione, questo secondo editoriale evidenzia come l’insieme delle prove raccolte negli ultimi decenni renda chiara la partecipazione fondamentale dei meccanismi autoimmuni nella fisiopatologia dell’encefalite cronica associata all’autismo (caratterizzata nel primo editoriale). La triade considerata il “segno distintivo” di una malattia autoimmune (infiammazione, produzione di autoanticorpi e infiltrazione linfocitaria) è presente nell’autismo. Nel prossimo editoriale, vedremo che l’affermazione secondo cui “l’origine dell’autoimmunità nell’autismo è sconosciuta” non è più sostenibile. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22226851/
Leia as postagens pelo índice mensal:
- outubro 2025
- julho 2025
- junho 2025
- abril 2025
- março 2025
- fevereiro 2025
- janeiro 2025
- dezembro 2024
- novembro 2024
- outubro 2024
- setembro 2024
- agosto 2024
- julho 2024
- julho 2021
- maio 2021
- abril 2021
- fevereiro 2021
- janeiro 2021
- dezembro 2020
- novembro 2020
- outubro 2020
- setembro 2020
- agosto 2020
- julho 2020
- junho 2020
- maio 2020
- abril 2020
Leia as últimas postagens:
































































